Decreto salva casa, le osservazioni presentate dai professionisti

Roma – Mercoledì scorso il Senato ha convertito in Legge il Decreto cosiddetto “Salva casa”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Il Decreto è stato presentato a fine maggio dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini per permettere di sanare irregolarità edilizie di piccola entità.

 

La conversione in legge del D.L. 29 maggio 2024, n. 69 ha apportato modifiche sostanziali al DPR 380 – Testo Unico dell’Edilizia, fornendo una risposta agli obiettivi dichiarati di semplificazione e di maggiore chiarezza della pratica applicativa; modifiche finalizzate alla regolarizzazione di quelle piccole difformità che rendevano numerose abitazioni invendibili o comunque non legittimate, causando anche un freno al mercato immobiliare e alle attività di ristrutturazione del tessuto edilizio nazionale esistente. Con la legge possono essere finalmente superate situazioni in stallo da decenni, pur irrilevanti ma non risolvibili nel contesto normativo vigente. Si pensi ad esempio agli edifici costruiti prima della legge Bucalossi (1977), alle piccole difformità costruttive e di rappresentazione, a variazioni all’interno degli alloggi e ad altre varianti non incidenti sulla collettività, viene introdotto, nell’accertamento di conformità, nelle ipotesi di parziali di difformità e variazioni essenziali il superamento del concetto della doppia conformità edilizia ed urbanistica.

 

La legge presenta una modifica puntuale di alcuni articoli del vigente Testo Unico dell’edilizia, affrontando solo parzialmente la necessità di una riforma integrale dell’impianto normativo edilizio. A questo proposito, i Consigli Nazionali di Architetti PPC ed Ingegneri affermano la necessità non più differibile di riformare il testo nella sua interezza ed organicità. Non si parla di una semplice revisione ma di una nuova integrale elaborazione di un codice maggiormente rispondente alle esigenze di semplificazione e razionalizzazione correlate ad una nuova normativa urbanistica che si renda necessaria per supportare e facilitare la crescita ed un futuro sostenibile per il nostro Paese, secondo le nuove esigenze di rigenerazione urbana, di riduzione del consumo di suolo, di “costruire sul costruito”.

 

Il nuovo testo del DPR “380”, come modificato dalla conversione in legge del Decreto salva-casa,  di fatto interviene anche in ambiti di competenza specifica della normativa urbanistica operando in sostituzione, parziale e molto limitata, di un vuoto normativo che non può essere affrontato con una disciplina in ambito edilizio.  La nuova legge “deroga senza abrogare” ad altre normative vigenti, come la legge n. 1150/42, il decreto n. 1444/68, il decreto del ministero della sanità del 1975, con le quali le nuove disposizioni potrebbero entrare in contrasto; pertanto non pone al riparo i professionisti e gli uffici tecnici della Pubblica Amministrazione dal rischio di una non corretta interpretazione. La scelta di effettuare modifiche parziali di un testo normativo, ormai inadeguato, aumenta le incertezze applicative introducendo il rischio di “derogabilità permanente” in ambiti di competenza di altre normative e può produrre criticità nel governo dei territori che necessitano, invece, di una nuova disciplina urbanistica e di un nuovo Codice delle Costruzioni organici ed attualizzati.

La nuova frontiera del processo di governo del territorio è il “green deal”, la rigenerazione urbana e la limitazione del consumo di suolo, che presuppongono nuovi strumenti e nuova disciplina urbanistica che favorisca l’inclusione sociale e la qualità ambientale e adeguata ad affrontare le sfide della transizione ecologica.

In conclusione entrambi i Consigli nazionali confermano la loro disponibilità ad un dialogo ed ad una costante collaborazione con il Legislatore per la definizione del nuovo quadro normativo.

 

Nella scheda allegata al presente comunicato si riportano alcune osservazioni sulle modifiche apportate dalla “Salva Casa” al vigente testo unico dell’edilizia DPR 380/2001.

 

 

Scheda illustrativa delle osservazioni di architetti e ingegneri agli articoli della “Salva Casa”

 

 

Art. 2 bis Consente interventi di recupero dei sottotetti, entro certi limiti, anche quando tali interventi non permettono il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini. Tale articolo consente l’utilizzo di volumi già esistenti senza dover ricorrere ad un ulteriore consumo di suolo.

 

Art. 6 La necessità di un nuovo testo normativo in materia di edilizia risulta necessaria anche per definire con maggiore chiarezza le categorie di intervento sul patrimonio esistente semplificandone le descrizioni per una coerente ed univoca applicazione. Analoga razionalizzazione si ritiene indispensabile anche per i titoli edilizi in modo da avere certezza sulla procedura da seguire per ogni intervento. In questo processo di razionalizzazione, si ritiene utile estendere gli interventi da realizzare in edilizia libera; nel caso di tende o vepa si ritiene altresì auspicabile avere indicazioni di dettaglio sotto il profilo estetico da parte della PA per garantire caratteristiche omogenee e coerenti con la tipologia e colore in particolare negli edifici multipiano.

 

Art. 9. Bis La definizione di stato legittimo viene attraverso questo articolo chiarita e semplificata infatti viene stabilito che la legittimità è data anche dall’ultimo titolo abilitativo rilasciato, a condizione che l’amministrazione competente abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi. Questa nuova formulazione consente di ridurre i tempi e le ricerche delle pratiche. Inoltre, la principale novità è l’estensione della possibilità di ritenere legittimi immobili per i quali siano rilasciati o formati titoli in applicazione ad articoli riguardanti accertamenti di conformità o fiscalizzazioni. Ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari non incidono eventuali difformità nelle parti comuni del fabbricato; analogamente lo stato legittimo dell’edifico non è condizionato da difformità insistenti sulle singole unità immobiliari che lo compongono.

 

Art. 23 La maggior flessibilità e snellimento delle procedure per i cambi di destinazione d’uso anche con opere consente di adeguare il costruito alle nuove esigenze sociali, produttive e culturali negli ambiti urbani. Favorisce interventi di recupero di fabbricati che per funzione non avrebbero più una idonea connotazione. Il riferimento alla possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni consente di adeguare tale norma al tessuto urbano specifico ed alle particolari richieste derivanti dal territorio urbano. Si esprime, tuttavia, il timore di andare in deroga senza abrogare le attuali leggi. Più in generale tale articolo pone il rischio di effettuare modifiche puntuali al tessuto urbano, senza la opportuna correlazione con i progetti di gestione ed intervento nei tessuti urbani e territoriali, alterando le linee di indirizzo di programmazione e pianificazione contenute negli strumenti urbanistici. Si ribadisce la necessità di una nuova legge urbanistica che consenta una maggiore flessibilità ed attualizzazione del processo pianificatorio, indispensabile per lo sviluppo sostenibile dei nostri territori e città.

 

Art. 24 in questo articolo si introduce la riduzione dell’altezza minima degli alloggi e la riduzione delle superfici minime di essi al fine di asseverare l’agibilità degli immobili. Tale modifica viene vincolata al miglioramento delle caratteristiche igieniche sanitarie di questi alloggi, la norma però non specifica in che limiti e non dà parametri quantitativi degli adeguamenti igienico sanitari.

 

Art. 34 bis Viene introdotta una gradualità delle tolleranze geometriche delle singole unità immobiliari esistenti in modo inversamente proporzionale alla superficie utile di esse; tale gradualità non trova l’adeguamento dei requisiti igienico sanitari espressi nel DM 5.7.1975 per questi viene inserita una tolleranza del 2% a prescindere dalle superfici utili. Sarebbe stato auspicabile avere la stessa gradualità delle tolleranze per una omogeneizzazione delle norme.

 

Art. 34 ter Questo articolo introduce la regolarizzazione degli interventi realizzati come varianti in corso d’opera che costituiscono parziale difformità rispetto ai titoli edilizi rilasciati ante Legge Bucalossi n. 10/1977. Questo permette di andare a regolarizzare edifici che hanno una vita di oltre trent’anni, che non sono stati demoliti e che spesso hanno anche l’attestazione di agibilità; tuttavia si ritiene errato nel processo di regolarizzazione far attestare al tecnico incaricato, con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità, l’individuazione della data di realizzazione degli interventi.

 

Art. 36 bis Questo articolo riguarda la possibilità di ottenere l’accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali di difformità e variazioni essenziali. In questi due casi: parziale difformità o variazioni essenziali si supera il concetto della doppia conformità edilizia ed urbanistica sia al momento della realizzazione che al momento della presentazione della domanda, infatti la regolarizzazione dell’intervento potrà essere conseguita nel caso in cui l’intervento sia conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda ed ai requisiti in materia di edilizia al momento della realizzazione dell’intervento. Se per questi limitati casi ci appare positivo il superamento della doppia conformità urbanistica ed edilizia, altresì si rimarca l’errata attribuzione al tecnico incaricato della responsabilità di individuare la data degli interventi in mancanza di reperimento di documentazione certa.

 

 

 

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